Isaìa 49,3.5-6; Salmo 39 (40); 1 Corìnzi 1,1-3; Giovanni 1,29-34
Solitudine e Silenzio
Uomini vagavano soli e sperduti in lande desolate senza la chiara conoscenza di Luce e Parola.
Luce e Parola non sono mai assenti e si fanno prepotentemente vere ed attuali nella promessa di verità del Padre: in principio, all’inizio dei tempi, per mezzo di Parola, il Padre mandò la luce.
Negli ultimi tempi il Padre si è fatto ascoltare: «Io ti renderò luce delle nazioni». E la luce venne: Gesù. Il dono esiste anche se non sempre i popoli lo accolgono. Nella misura in cui viene accolto diviene efficace e la Luce si realizza per mezzo di Parola.
La promessa non riguarda il passato; è ancora vivente «perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
A chi si rivolge la promessa? «Alla Chiesa di Dio». Coloro che accolgono la promessa sono «santi» per la «chiamata» che hanno ricevuta dal Padre, perché sono «stati santificati in Cristo Gesù». Santi sono loro «insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro».
Così «Paolo», è stato «chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio». Ed è esempio per ognuno. Paolo ed ogni chiamato dovrebbero essere formati a donare un unico saluto, come il buongiorno o l’arrivederci: «Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!».
La Parola della Scrittura non narra ciò ‘che’ siamo: è profezia di ‘chi’ potremmo divenire.
Usare questo linguaggio è insolito. Quando viene usato genera stupore. Annunciamo tante cose nel nome di Dio e facciamo diventare muta la Parola perché riempiamo omelie, celebrazioni, catechesi di presunta scienza umana con l’assenza di Parola: è questo il momento nel quale ci scopriamo soli.
Quante volte risponderemo: ho predicato, ho celebrato, sono stato in processione, alla Messa, ma «Io non lo conoscevo»? Eppure potremmo esser capaci di esclamare «Ho contemplato lo Spirito discendere su di lui». Annunciamo a piena voce: «Ecco l’agnello di Dio: è colui che toglie a noi e prende su di sé il peccato del mondo!». Siamo chiamati ed «inviati a battezzare nell’acqua» sapendo che non mani umane battezzano ed «è lui che battezza nello Spirito Santo».
Torniamo al linguaggio del Vangelo e parliamolo comunemente per divenire gloria del Padre. Quando chiamerà risponderemo: «Ho visto e ho testimoniato che Gesù è il Figlio di Dio».
Il 17 di gennaio celebriamo la festa di S. Antonio Abate, del giorno di dialogo tra ebrei e cristiani, l’inizio di otto giorni di meditazione e preghiera per l’unità di tutte le Chiese cristiane: Antonio udì la Parola, la ascoltò, si ritirò in contemplazione, scelse di seguirla. Tornò armato della comunione con la Parola per confortare gli afflitti da solitudine subita.
Non cediamo al pessimismo che induce a pensare che interessi pigri e meschini possano rallentare Parola e Luce.
Antonio, il Signore «lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio».
E, come Elia nella caverna sul monte, Antonio si coprì il volto con il mantello, uscì e sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Antonio?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio», per ascoltare ed annunciare la sua Parola. Nella mia terra «sono rimasto solo». Nel deserto profondo ho scelto il silenzio. per ascoltare la voce tenue del silenzio, mormorio di un vento leggero.
In quel silenzio parla Dio.
“Il silenzio è mitezza quando non rispondi alle offese, non reclami i tuoi diritti, lasci a Dio la difesa del tuo onore.
Il silenzio è misericordia quando perdoni senza indagare il passato, non condanni, ma intercedi nell’intimo.
Il silenzio è pazienza quando soffri, senza lamentarti, attendi che il seme germogli lentamente.
Il silenzio è umiltà quando taci per lasciare emergere i fratelli, celi nel riserbo i doni di Dio.
Il silenzio è fede quando taci perché è Lui che agisce, rinunci alle voci del mondo per stare alla sua presenza.
Il silenzio è adorazione quando abbracci la Croce senza chiedere: Perché?”.