Deuteronòmio 8,2-3.14b-16°; Salmo 147; 1Corìnzi 10,16-17; Giovanni 6,51-58
Parola e Pane: uniti in Cristo per non essere servi
«Figlio dell’uomo, mangia questo rotolo della Parola, poi va’ e parla alla casa d’Israele»: in Antico Testamento il profeta è invitato a mangiare la Parola ed annunciarla. Sempre in Antico Testamento il Signore «ha nutrito di manna», che il popolo suo «non conosceva». Anche i «padri non avevano mai conosciuto» un alimento venuto da Dio. Questo il Signore lo fece «per far capire che l’uomo non vive soltanto di pane», «ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore».
Per vivere è necessaria la Parola. Quando la Parola ispirata, prima, poi scritta, si rivelò insufficiente,
- nel Nuovo Testamento, nuovo patto di amicizia, Dio inviò la sua Parola che si fece Pane – Carne.
È necessaria la Parola, è necessario il Pane.
Dio invita alla mensa del Figlio, mensa di Parola e Pane, per vivere e, superando l’Antico Testamento, giungere all’incontro con Gesù Cristo, Parola, fatta, per noi, a nostro favore, Carne.
Nella storia del genere umano soltanto Gesù è stato capace di annunciare: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo». Siamo smentiti quando rimpiangiamo il passato che, di fatto, non è stato capace di donare nutrimento ed entusiasmo al popolo di Dio: «non è come quello che mangiarono i padri e morirono».
È il nuovo che avanza impetuoso: «Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gli ascoltatori di Gesù, diffidenti all’irrompere di questa novità, se ne andarono ritenendo Gesù pazzo. Lui non cambiò un accento della sua parola: «Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Per essere ‘con’ lui bisogna accettare di mangiarlo: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita».
Non basta mangiare la carta dove è scritta la sua Parola; non basta nemmeno ascoltare. «Vieni e seguimi»: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Non esistono alternative: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda».
Per stare ‘con’ Lui bisogna portarselo dentro in ogni momento. Quando la strada si fa difficile bisogna accogliere la Parola con entusiasmo: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui».
Eccolo il passo in avanti, diverso: ‘essere in’ Cristo. Non sarà un rito da compiere, non sarà offrire agnelli e tori, nemmeno pani: soltanto «Questo è il pane disceso dal cielo».
- «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me», così io mando voi «perché andiate e portiate frutto»: lui stesso, nella sua carne ed esistenza terrena, invia chi accetta di essere ‘suo’.
«Io vivo per il Padre»: «così anche colui che mangia me vivrà per me».
E se in molti mangeranno e «non dimenticheranno il Signore Dio», riusciranno ad «uscire dalla condizione servile»: finché si è soli, non se ne esce. L’unico modo per uscire dalla «condizione servile» è «essere un solo corpo», composto «da molte membra».
«Fratelli, il calice che benediciamo è comunione con il sangue di Cristo»; «il pane che spezziamo è comunione con il corpo di Cristo» e «noi siamo, benché molti, un solo corpo» perché «tutti partecipiamo all’unico pane».
Chi mangia Gesù Cristo, presente nel suo Pane fa parte di Cristo; è ‘in’ Cristo; non è più servo e, insieme agli altri che sono ‘in’ Cristo, sono una cosa sola.
Bello è sottolineare, anche se può sembrare questione di parole, che sia opportuno sentire in sé di essere ‘in Cristo’, piuttosto che ‘con Cristo’. Costituire un essere solo con Cristo è più che essere vicini a Cristo.
È vero: essere ‘in Cristo’ è aver raggiunto il traguardo e noi stiamo, ora, camminando verso il traguardo insieme con Cristo, ma, camminare mano nella mano con Cristo, è attraversare questo «deserto grande e spaventoso, pieno di ululati selvaggi, senza strade».