Ezechièle 2,2-5; Salmo 122 (123); 2Corìnzi 12,7-10; Marco 6,1-6
Subire la vita non è un bell’affare.
Cosa pensa di noi il Signore? È una domanda non frequente.
All’umanità può forse riferirsi la Parola «razza di ribelli, figli testardi e dal cuore indurito che si sono rivoltati contro il Signore fino ad oggi»? Uno sguardo alla storia odierna mostra figli occupati a costruire un mondo egoista ed infedele ed un ‘resto’ di fedeli appartato e talvolta impaurito.
Una folla incredula o miscredente pone dubbi su Gesù nonostante i segni che opera. Anzi, i segni operati divengono occasione di sfida: «E molti, ascoltando, rimanevano stupiti». La prima domanda posta a Gesù dai suoi ‘compaesani’ è su cosa fa: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data?». «E i prodigi compiuti dalle sue mani?».
Più spesso ci si domanda “Cosa faccio”, piuttosto che domandarsi “Io, chi sono?”.
Seconda è la domanda “Chi è?”. E si danno risposte incerte riferite ai familiari: «Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».
Vogliono ridurre il Cristo Figlio di Dio a una semplice creatura, rimaneggiarlo, ridurlo a ciò che a loro serve. L’umanità, razza corrotta da un inizio infelice, non sa riconoscere ‘chi sei’, ma quanto mi sei utile, quanto mi servi. Si vuole sottomettere Dio perché compia – completi ciò che manca alla santissima volontà umana.
Gesù che afferma la verità è «per loro motivo di scandalo». Nei fatti: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria[LD1] , tra i suoi parenti e in casa sua».
Non servono miracoli per condurre alla fede; la fede precede il miracolo; è condizione per riceverlo. Mancando fede, neanche Gesù «poteva compiere nessun prodigio». Si compiono prodigi per mezzo della fede di chi compie il segno e di chi lo riceve: perché accada ha bisogno di comunione di spiriti.
«E si meravigliava della loro incredulità»: non è normale l’incredulità. Pur vedendo non si crede: non bastano ragionamenti umani per riferire l’esistenza a Dio Creatore. Ci si dice credenti cercando di mantenere compromessi tra il bene ed il male. Una vita incredula è impedimento per la realizzazione del Regno. Vita sprecata, senza senso; vita subita, sottomessa ad abitudini ingiuste e opprimenti; vita troppo normale, fatta di niente. Incapace di accogliere la novità di Gesù Cristo, Figlio di Dio; incapace di immaginazione e fantasia.
I malvagi pretendono un Gesù Cristo uomo a misura loro. Non ha diritto Cristo ad esser diverso; non può creare bellezza; deve subire le abitudini di tutti. Non ha diritto di creare dubbi e prospettive aperte al futuro. È desiderata la vita solita ed insignificante. Panem et circenses. Umanità non aperta alla novità di Dio.
Un barlume di fiducia si scopre nei semplici: «impose le mani a pochi malati e li guarì».
L’intervento del Padre nella storia umana non ha un atteggiamento di distante condanna, ma di missione: «Figlio dell’uomo, io ti mando». Il Padre manda il Figlio perché gli uomini si riconoscano fratelli e riconoscano il Padre.
«Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando». Il mandato del Padre prende vigore in mezzo alla inettitudine: «Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”». E loro «ascoltino o non ascoltino», pur immersi in frode e menzogna, sentiranno la Parola annunciata e la constateranno testimoniata: «sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».
Non ti perdere di coraggio: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
Signore, «Tu hai parole di vita eterna: quando sono debole, è allora che sono forte». «Vinci, Signore, l’incredulità dei nostri cuori, perché riconosciamo la tua gloria» nell’umiliazione del tuo Figlio, e, nella «nostra debolezza, sperimentiamo la potenza della sua risurrezione».
(didon)