
Basilica di S. Maria maggiore Tuscania
La Chiesa di Santa Maria Maggiore a Tuscania sorge all’ingresso del centro storico, alle pendici del colle di San Pietro che ospita, sulla sua cima, anche l’omonima basilica. Nominata per la prima volta nell’852 in una bolla di papa Leone IV al vescovo di Tuscania, Urbano (si ha notizia di un vescovo a Tuscania già dal 595, quando un tale Virbono compare nell’elenco dei partecipanti ad un concilio), fu consacrata il 6 ottobre 1206. Il complesso monumentale è formato dall’edificio chiesastico e dalla Torre campanaria.
Il critico Pietro Toesca all’inizio dello scorso secolo ha visto in Tuscania, e quindi anche in Santa Maria Maggiore, un centro artistico sensibile alla ricezione di messaggi diversi, anche piuttosto aggiornati, che avrebbero fatto della cittadina laziale un polo capace di anticipare quel linguaggio che si sarebbe affermato successivamente nella vicina Roma. Secondo Toesca Santa Maria Maggiore sarebbe stata costruita in due riprese verso la fine del XII secolo; Karl Noehles pensa che sia invece antecedente a San Pietro, mentre la Raspi Serra pensa a una collocazione fra la fine dell’XI e il principio del XII secolo.
Quale che sia la verità, la lettura di Santa Maria Maggiore è resa ancora più difficile dai tanti avvenimenti storici che ne hanno segnato la lunga vicenda. Si prendano ad esempio le decorazioni della facciata che mostrano una varietà di derivazioni e una molteplicità di interventi, forse causati dei numerosi terremoti che hanno colpito questa zona, rivelandola disordinata ed asimmetrica, probabile assemblaggio di pezzi rimontati e riadattati al bisogno come fa supporre la singolare postura della Madonna nella lunetta del portale di accesso: i suoi piedi pendono sull’architrave suggerendo che questo pezzo è stato ricollocato in una posizione che non gli risulta consona.
Staccata dalla Chiesa, si erge la poderosa, seppur mozza, torre campanaria, di cui restano l’alto basamento e due ordini di finestre separati da lesene e file di archetti ciechi. La sua costruzione dovrebbe risalire al XII secolo anche se alcune sue caratteristiche (come la struttura della base, la sproporzione del corpo rispetto all’edificio chiesastico e la collocazione in fronte della facciata) farebbero piuttosto pensare ad una sua precedente fondazione.
La facciata, che è stata oggetto di un delicato intervento di pulitura e consolidamento da parte di questa Soprintendenza nel 2006, riecheggiante motivi umbri, è quasi simile a quella di San Pietro, ricchissima di decorazioni e con coronamento orizzontale. Dei tre portali (il sinistro, a causa dello scoscendimento del terreno, ha l’arco assai più basso degli altri) soprattutto notevole quello centrale, di marmo bianco, dalla profonda strombatura, fiancheggiato da due colonne scanalate a tortiglione rette da leoni e sormontate da altre figure bestiarie, riallacciantisi a motivi decorativi abruzzesi della metà del sec. XIII; nei ricchi stipiti, a bassorilievo, i SS. Pietro e Paolo (quest’ultimo, mancante della testa, vandalicamente asportata nel 1967 e poi reintegrata); nella lunetta, bassorilievo della Madonna col bambino in trono, fiancheggiata a destra dall’Agnello Mistico e a sinistra dal Sacrificio di Abramo. I due portali laterali sono scolpiti in pietra di nenfro con figurazioni simboliche e vegetali. Come in S. Pietro, nella parte superiore si sviluppa, tra un leone e un grifo, la loggia con le sue nove colonne e dieci archetti. Infine, il ricco rosone con due ordini di dodici colonne ai cui angoli si trovano quattro sculture che richiamano gli Evangelisti (Aquila, Angelo, Leone e Vitello a rappresentare rispettivamente Giovanni, Matteo, Marco e Luca). L’abside semicircolare è percorsa da lesene e da fasce di archetti.
L’interno, a pianta basilicale con tetto a capriate, è a tre navate divise da sei campate. Vi si trovano colonne e pilastri affrescati, capitelli romanici scolpiti per arconi a tutto sesto ornati nel sott’arco da fiori stilizzati a quattro petali, sopra una cornice in pietra su mensole con motivi architettonici e zoomorfi.
Il presbiterio, sopraelevato rispetto all’aula, è fiancheggiato da due arcate trasversali; il paliotto dell’altare, sormontato da un ciborio in forme gotiche primitive con vele interne affrescate e rozza sedia vescovile, è costituito da un pluteo dell’VIII-IX secolo. Nella navata destra è collocato un fonte battesimale ad immersione di forma ottagonale risalente al XIII secolo. Nella navata centrale, su quattro robuste colonne, si ammira un prezioso pergamo del Duecento, ricomposto con frammenti di marmi decorati a bassorilievo dei sec. VIII, IX, e XII. Sui lati esterni del pulpito sono visibili delle raffinate decorazioni ad affresco imitanti motivi a bassorilievo.
La piccola abside, appena visibile dall’aula chiesastica dietro il baldacchino dell’altare, è impreziosita da un affresco duecentesco di scuola romana con influssi bizantini raffigurante i Dodici Apostoli; nel presbiterio, sulla parete sovrastante il grande arco della parete presbiteriale, è dipinto un grande affresco del ‘300, sul quale è rappresentato il Giudizio Universale; tra le figure schierate ai lati del grande Cristo Pantocrator centrale è presente anche il ritratto del committente Secondiano; piuttosto ben conservato, è attribuito a Gregorio e Donato D’Arezzo. Sia gli affreschi dell’abside che quelli della parete presbiteriale sono stati restaurati tra il 2003 ed il 2004 a cura della Soprintendenza.
Nella parete del transetto in corrispondenza delle navate laterali, sono presenti affreschi in posto databili tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, di sapore tipicamente rinascimentale; la porzione di affresco che in origine era collocata sopra la nicchia a sinistra nel transetto è stata, in seguito al terremoto del 1971, staccata dal supporto murario e riportata su una grande tela, attualmente collocata sempre nel transetto, lungo la parete destra.
Nel transetto sinistro, oramai ridotti a lacerti, sono individuabili le figure, databili ancora al XIV secolo, del S. Giorgio e il drago e, nelle vicinanze, una delicata Madonna in trono con Bambino che echeggia esempi coevi di scuola umbra. Molti altri frammenti di decorazione sono visibili lungo le pareti perimetrali delle navate laterali e sulle colonne della navata centrale, nonché sulla parete retrostante la facciata.
La Chiesa è di proprietà demaniale ed è in consegna alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Roma, Rieti e Viterbo. L’Ufficio ha la responsabilità di condurre i restauri e le manutenzioni e di rendere fruibile il monumento. All’interno della Chiesa si svolgono manifestazioni musicali, sotto il patrocinio della Soprintendenza ed in accordo con gli Enti e le associazioni culturali locali, soprattutto nel periodo estivo.
Attualmente la Chiesa è sottoposta ad interventi di carattere strutturale e manutentivo; tuttavia, è possibile effettuare la visita anche se in modo parziale.
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