Atti 2,14.22-33; Salmo 15 (16); 1Pietro 1,17-21; Luca 24,13-35
1. All’uomo, fatto di terra, sfugge il divino.
«Alcune donne sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo»: i discepoli di Gesù non credono alla Resurrezione; le donne «ci hanno sconvolti»! Verificano il fatto: «Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne». Rimangono dubbiosi e perplessi: «lui non l’hanno visto».
Domande vane ostacolano il cammino: «Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele». Concludono: «Sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute». ‘Va’ a credere alle donne!’: delusi, vorrebbero zittirle.
Voler imporre limiti e norme a Dio non è cosa saggia. (altro…)
Atti 2,42-47; Salmo 117 (118); 1Pietro 1,3-9; Giovanni 20,19-31
«Se non metto il mio dito nel segno dei chiodi e la mia mano nel suo fianco, io non credo»: Tommaso cerca una prova di ciò che altri discepoli affermano. Invece di una prova si presenta una persona: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco». Tommaso non ebbe un cuore aperto, un cuore grande: «Non essere incredulo, ma credente!». Troppo tardi, Tommaso, hai creduto: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto».
E’ urgente abbandonare una fede da parolai e porsi alla ricerca del vero Gesù, affrettare il tempo della fiducia nella Resurrezione. Non si può attendere e ritardare per gridare di stupore e di gioia: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù attende scelte di vita: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». «Ricevete lo Spirito Santo». (altro…)
Matteo 21,1-11; Isaìa 50,4-7; Salmo 21 (22); Filippési 2,6-11; Matteo 26,14-27,66
Il Dio di Gesù compie doni e li ripete «ogni mattina»: «Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo». Il vero discepolo, prima di parlare, sa ascoltare: «il Signore Dio mi ha aperto e fa attento il mio orecchio».
Bello è poter dire alla Parola: tu mi hai parlato «e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro».
«Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra sapendo di non restare confuso»: lo dice Gesù; con Lui potrebbe affermarlo ogni credente. (altro…)
Ezechièle 37,12-14; Salmo 129 (130); ai Romani 8,8-11; Giovanni 11,1-45
Gesù con Marta ragiona; con Maria piange; a Lazzaro dona la libertà dei figli di Dio.
«Signore, ecco, colui che tu ami è malato»: è l’invocazione dei credenti di fronte alla malattia, incapaci di comprendere come la Parola si avveri nella storia spesso infedele all’uomo.
I discepoli stessi non riescono a comprendere; cercano, anzi, di fermare Gesù nel cammino di salvezza che sta rapidamente avviandosi al completamento: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?».
La parola di Gesù «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo», non viene compresa dai discepoli che superficialmente rispondono: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Come insensati entusiasti aggiungono: «Andiamo anche noi a morire con lui!». (altro…)
1 Samuele 16,1b.4.6-7.10-13; Salmo 22 (23); Efesìni 5,8-14; Giovanni 9,1-41
«Svégliati, risorgi, Cristo ti illuminerà».
Se la fede consistesse in osservanza della Legge porremmo ancora sotto giudizio Gesù: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Alcuni contestano Gesù, ma sono presenti uomini ‘giusti’, capaci di pensiero e di preghiera, difatti: «c’era dissenso tra loro».
I poveri, i semplici sono vicini alla verità ed alla libertà. Non hanno né possesso né alcunché da difendere; comprendono il vero: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?».
Il potente, se non possiede, si sente sminuito in dignità. Il povero, talvolta, riesce ad indebolire i ‘possessori di coscienze’: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Nessuno è padrone di coscienze né alcuno, nel regno di Dio, è chiamato ad esser servo. E’ dimenticata la Parola «sono venuto come colui che serve». (altro…)
Èsodo 17,3-7; Salmo 94 (95); Romani 5,1-2.5-8; Giovanni 4, 5-42
«Dammi da bere»
«Il Signore è in mezzo a noi sì o no?»: lo chiesero gli Israeliti a Mosè; lo chiede il credente nelle difficoltà. Non lo chiede perché diffida di Dio, bensì perché non trova capacità di risposta umana al suo disagio interiore.
La Parola soccorre nella ricerca di un’acqua diversa. Qualcuno afferma che l’ansia umana crea la necessità della fede. La Parola ammonisce che i credenti sono «giustificati per fede»: non la fede della Creatura verso il Creatore; l’inverso: «noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo».
La fede è dono, non è ‘sapere’ che Dio esiste. E’ amare il fatto che il Padre ha mandato suo Figlio: «L’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo» accade perché, «saldi nella speranza della gloria di Dio», apostoli testimoniano al mondo la presenza della Parola e del Pane nel Cristo Risorto.
E’ questa «la speranza che non delude»: fondata sulla verità di fede e su eventi storici perché «nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi». (altro…)