Gènesi 22,1-2.9a.10-13.15-18; Salmo 115 (116); Romani 8,31b-34; Marco 9,2-10
Conversione.2 
I discepoli di Gesù, abituati al linguaggio dell’Antico Israele, comprendono poco ciò che Gesù annuncia e si «chiedono che cosa volesse dire risorgere dai morti». Per comprendere la Parola inizi una conversione di linguaggi: da quello che pretende leggi per regolare la vita, a quello del vivere l’Amore.
La legge ordina e punisce: non offre salvezza. L’Amore di Dio previene: non attende; chiama: «Abramo!». Abramo è figura di ogni credente: è bello che ogni fratello si senta libero di rispondere, a somiglianza di Abramo, «Eccomi!».

La Parola dell’Amore è immediata: «Non stendere la mano contro il ragazzo!». Il principio dell’Amore, spesso violato, aiuta ad onorare figli e fratelli, a riconoscerne la dignità e l’identità: «Ora so che tu temi Dio». È il Dio della Promessa che parla: «Io ti colmerò di benedizioni» e queste ricadranno su chi seguirà la Parola «perché tu hai obbedito alla mia voce. Si diranno benedette, per tuo mezzo, tutte le nazioni della terra».
«Fratelli», la presenza assidua e confortatrice della Parola moltiplica la benedizione: «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?». Il Padre «che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?».
Infedeli alla Parola, cristiani ammazzano cristiani, eredi di Abramo spezzano la vita che il Padre ha creato. Vengono detti ‘eroi vincitori’ gli assassini dei fratelli, che poi imporranno servitù inumane ai vinti.
L’azione di Dio è all’opposto di abitudini umane: «Cristo Gesù è morto, anzi è risorto e intercede per noi!».
Ci si dice fedeli a Dio. Con quale coraggio condanniamo quando Dio dice di se stesso: «Dio è colui che giustifica!». «Chi», servendosi del Vangelo, «muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Chi condannerà?».
All’opposto di tutta la storia umana, un canto di gratitudine gioiosa dovrebbe sgorgare dal cuore di ogni uomo ed anzi di ogni creatura sotto il cielo: «Maestro, è bello per noi essere qui».
Come un giorno i discepoli, ascoltiamo la voce del Padre: «È il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». Gesù, constatando l’incapacità dei primi discepoli nel comprendere, rimanda a «dopo che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti» il dovere festoso dell’annuncio ed «ordina di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto». Ora, oggi, abbiamo avuto secoli per comprendere la Parola, come possiamo ancora tenerla lontana?
Quotidianamente ci si arrende, in attesa fatalista di tempi migliori, incapaci di aprire le porte del cuore all’Amore. Si rimandano i tempi della Resurrezione e si descrive la vita come continua ‘Croce’. La Resurrezione, iniziata da Gesù Cristo da 2000 anni,  dall’uomo è continuamente rinviata.
Con il cuore in subbuglio, i fedeli alla Parola, attendono tempi migliori nei quali verrà una pace non imposta dall’odio. I primi discepoli «tennero fra loro la cosa» soltanto pochi giorni. Dopo la discesa dello Spirito, iniziarono a scrivere una storia d’Amore.
Quell’ iniziale entusiasmo si è forse spento nei cuori? È il momento, ogni ora, di cessare l’attesa e completare nelle nostre vite ciò che manca alla Passione e Resurrezione di Gesù Cristo nelle nostre carni.
(didon)