Comunità Parrocchiale Tuscania

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chiesa di S. maria della Rosa Tuscania​Le numerose chiese e i vari conventi dei diversi ordini che punteggiano il tessuto urbanistico di Tuscania, dentro e fuori le mura urbiche, documentano la rilevanza politica e sociale della città che cerca di resistere all’affermazione della vicina Viterbo con la quale dalla fine del XII secolo condivideva la dignità di sede di diocesi.
Tra queste fondazioni subito dopo le basiliche di S. Pietro e S. Maria Maggiore, riveste un ruolo di grande rilevanza il complesso ecclesiale di S. Maria della Rosa. Questa con la definitiva decadenza del quartiere di S. Pietro che, già escluso dal perimetro delle mura urbiche, era andato progressivamente spopolandosi finendo definitivamente deserto dopo il sacco operato dalle truppe di Carlo VIII nel 1495 (il Comune esentava dalle tasse quei cittadini che accettavano di vivere nel quartiere, l’offerta rimase però pressoché priva di riscontro e così la città si articolerà nei secoli a venire in terzieri), venne eretta alla dignità di chiesa cattedrale.

Esterno: L’attuale edificio si presenta come il frutto di una serie di rifacimenti e ampliamenti successivi che si evidenziano nelle dissemetrie della pianta, nelle cesure tra i diversi corpi visibili nella facciata e nel sincretismo stilistico che vede elementi gotici inserirsi su un lessico ancora romanico.

Peculiare è la terminazione rettilinea della facciata che conosce una notevole diffusione a Tuscania nel XIV secolo (S. Silvestro, S. Marco. Madonna dell’Olivo, S. Francesco) articolazione rispettata per omogeneità anche nei due corpi laterali eretti in corrispondenza delle navate laterali che furono aggiunti in momenti diversi.

Essa è realizzata in conci di pietra vulcanica locale (nenfro) e trova concorde la critica specialistica nella individuazione di elementi topologici che la accomunano a modelli umbri e abruzzesi; una cornice a dentelli la corona in alto mentre due cornici marcapiano suddividono la facciata in tre diversi campi: quello superiore è aperto da un elegante rosone raggiato -ai lati del rosone un restauro degli anni sessanta aveva portato alla tamponatura di due bifore goticheggianti-; l’intermedio, di più ridotte dimensioni, ha un semplice oculo nel corpo sinistro, eccentrico rispetto al portale, e un elegante rosoncino inscritto in una cornice quadrata posto al sommo del portale sul lato destro, quest’ultimo di forte stile gotico; nel registro inferiore si aprono i tre portali caratterizzati da notevoli difformità formali: semplice quello di sinistra, composto di montanti in conci che sostengono una architrave liscia sormontata da una lunetta profilata nello spigolo dell’intradosso da semplice decorazione dentellata; più ricercato il portalino di destra che ha la lunetta ad ogiva ornata da un motivo ad archi trilobi che ripropongono il puro gusto gotico; il portale centrale presenta una strombatura poco profonda formata da due rientranze progressive dove sono alloggiate coppie di colonnine tortili, la sovrastante lunetta riprende la profondità dello strombo con una serie di cornici a profili multipli, gli spigoli dei montanti sono decorati da un fine motivo a punta di diamante.

Il campo della lunetta presenta ancora un affresco seicentesco dove è appena leggibile l’immagine della Vergine tra santi. Sul lato destro della facciata si erge il campanile che si presenta eccessivamente tozzo per la troncatura in altezza di almeno due piani, il piano che sormonta la chiesa è aperto da bifore sui quattro lati (secondo il modello ricorrente i piani superiori dovevano essere alleggeriti con l’apertura di una serie di trifore e, al piano più alto, di quadrifore.

Interno: Le dissemetrie icnografiche evidenziate nella articolazione dei muri esterni si ripetono anche nella organizzazione degli spazi interni. La chiesa è suddivisa in tre navate da due file di quattro colonne che ricevono la ricaduta di archi a tutto sesto con il profilo ornato da dentelli.

La mancanza di studi specifici rende molto difficile proporre una datazione precisa che la tipologia dei capitelli e resti di affreschi collocano nel XIV secolo.

I radicali restauri seguiti al sisma del 1971, improntati ad un malinteso purismo medievista, hanno in gran parte cancellato le sovrapposizioni barocche – Cerasa ci documenta come il transetto fosse a terminazione rettilinea e con tre “altaroni” barocchi- che documentavano la storia della chiesa e hanno posto in luce una serie di strutture preesistenti nella zona presbiteriale addossata alla cinta muraria cittadina.
Tali avanzi consistono in un ambiente absidato limitato anteriormente da resti emergenti che alcune fonti interpretano come una antica porta urbica cui fu addossato un edificio sacro; gli elementi a disposizione permettono solo di riconoscere i resti di un edificio sacro ornato da resti di affreschi tra cui una Madonna in trono col Bambino -le scalpellature sulla superficie testimoniano che a questi affreschi ne erano stati sovrapposti altri andati perduti- databile al Trecento.

Nello stesso ambiente, ad un livello superiore, si trovava anche la Madonna col Bambino tra s. Pietro e s. Secondiano conosciuta sotto il titolo di Madonna Liberatrice in seguito al miracolo dello scampato pericolo del 1495; tale affresco staccato, restaurato e ricollocato in situ risponde ad una mano totalmente diversa ai precedenti ma, nonostante l’evidente arcaismo formale, è anch’esso databile ai primi anni del trecento grazie alla analisi delle scritte con i nomi dei santi realizzati in una perfetta onciale gotica che conosce il suo sviluppo proprio sullo scorcio del XIII secolo e nei primi anni del secolo seguente.

La estemporaneità formale della zona presbiteriale è accentuata anche dalla grande cappella sul lato sinistro che si propone quasi come un corpo separato: questo ambiente fu realizzato nella seconda metà del XV secolo per volontà del Comune che intendeva utilizzarla come cappella per conservare le reliquie dei santi martiri protettori conservati nella chiesa di S. Pietro, ormai eccentrica alla cerchia urbana e in un quartiere totalmente disabitato; la cappella fu realizzata ma il trasferimento delle reliquie avvenne solo nel 1612 e a favore della collegiata di S. Lorenzo.
In origine le pareti e le colonne della chiesa erano completamente rivestite di pitture, dopo il succitato terremoto alcuni frammenti superstiti sono ritornati alla luce: una frammentaria immagine di S. Giovanni Battista e dell’Arcangelo Michele sulla seconda colonna di sinistra, databile al pieno Trecento, e i resti di un affresco votivo sulla parete destra dove è ancora perfettamente leggibile l’arme araldica di Angelo da Lavello, detto Il Tartaglia, potestà di Tuscania nella prima metà del Quattrocento.
L’arredo decorativo della chiesa si compone anche di una acquasantiera realizzata con un capitello romanico; una edicola sulla parete sinistra di raffinata fattura antiquariale databile ai primi anni del Cinquecento e, sempre su questa parete, il fastigio di arco, anch’esso nello stile classico antiquariale con decorazioni a candelabre e a motivi floreali così di moda tra il Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento, il manufatto funzionale alla apertura di una cappella dedicata a s. Rocco -in seguito tamponata- fu commissionato da un patrizio tuscanese, Secondiano Ciotti, sull’arco compare la data con la dedicazione: SECONDIANUS CIOTTUS DIVO ROCHO DICAVIT MCCCCCVI.

Attualmente sul campo definito dal suddetto arcone è collocata una pala d’altare di buona fattura con la Madonna del Rosario e i quindici misteri, in basso compare una lunga iscrizione in cui è possibile leggere la data ANNO D(omi)NI MDLXIX.
Nel transetto oltre ai mediocrissimi affreschi seicenteschi con la Madonna e santi che ornano l’absidiola di sinistra, rimane sulla parete sinistra il grande altare barocco commissionato dalla famiglia Mansanti con la pregevolissima tela con la Trinità, la Vergine, le anime purganti e santi, nel sordino dell’altare è dipinta una scena con la celebrazione eucaristica, tale complesso decorativo è databile ai primi anni del Settecento.

L’arredo decorativo interno è completato dalla bellissima tela seicentesca con il Martirio di s. Lucia, pertinente all’antico altare di S. Lucia collocato sulla parete sinistra; e dal grande polittico posto nella cappella sulla destra del transetto, opera realizzata nel 1580/81 da Giulio Perino d’Amelia; il polittico si presenta attualmente gravemente menomato dall’asportazione furtiva delle tavole principali, si conserva solo la sua monumentale carpenteria lignea (cm. 320×300) e le scenette della predella con storie della Vergine: Incontro di s. Anna e Gioacchino, Nascita della Vergine, Sogno di s. Giuseppe, Sposalizio della Vergine, Nascita di Gesù, Adorazione dei magi e fuga in Egitto, Disputa con i dottori.

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