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Atti 9,26-31; Salmo 21 (22); 1Giovanni 3,18-24; Giovanni 15,1-8
“Inesse”: essere una sola realtà con Cristo
1. In Antico Testamento, in Genesi, la persona umana era stata definita con le parole: «Immagine somigliante» del Creatore. Il traguardo era attraente e capace di soddisfare ogni ideale umano: divenire sempre più immagine del Creatore. L’ideale si scontrò e si scontra ancora oggi con desolazione e morte. L’immagine somigliante iniziata dal Creatore sembra dissolversi. Papa Francesco parla di ‘utopia’ cristiana che ha capacità di divenire realtà. Il vocabolario umano definisce ‘utopia’ una realtà impossibile: il linguaggio umano non corrisponde al linguaggio del Vangelo. Nel mondo impera la legge, la punizione, il premio. La Storia è una storia scritta da odio e da guerre. La legge non salva e non redime. 2. In Nuovo Testamento, nella parola di Gesù, il linguaggio è diverso: per scrivere una storia diversa occorre scrivere una storia d’amore. In linguaggio difficile si dice “In-esse”, essere in Cristo. Più semplicemente del difficile e sapiente linguaggio umano, Gesù afferma: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore».
All’inizio del cristianesimo, nonostante la persecuzione, «la Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo». Fiducia e Speranza al di là di ogni speranza umana; bellezza oltre le bellezze ipocrite del mondo. Bellezze ingannevoli sono usate per illudere le coscienze.
Il traguardo cristiano di rendere l’umanità perfetta, ma non completa, è divenire una sola comunione in Cristo, con Cristo, per mezzo di Cristo. Con la resurrezione di Gesù l’ideale di Genesi si è fatto vivo: il malvagio non prevarrà contro il seme della donna. Vi sono vittime coscienti e volontarie; vi sono portatori di speranza e di resurrezione. Passa la figura di questo mondo. Siamo in attesa vigile e costruttrice di un mondo diverso.
Nella persecuzione la comunione dei fedeli di Gesù «cresceva di numero». Come mai? «Il tralcio che porta frutto, viene potato perché porti più frutto. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me». Non si tratta di una Legge, ma di un invito: «Rimanete in me e io in voi. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Rischioso è il rifiuto di questo insolito ed attraente invito: «Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano».
Ogni credente in Cristo, per raggiungere l’ideale, come dovrebbe comportarsi? «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità».
Di fronte alle fragilità umane «Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa»: nell’animo «conosceremo che siamo dalla verità; davanti a lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimproveri».
Non è vana promessa umana: «Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio; qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito».
Il cristiano non ha leggi che lo obblighino, ma un «duplice comandamento: credere nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e amare come Gesù ama».
Il difficile vocabolo latino “In-esse” è semplice: entrare in contatto con Gesù Cristo; essere una sola realtà con Lui.
È dono per tutti gli amici di Gesù: «Dallo Spirito che ci ha dato conosciamo che egli rimane in noi».
(didon)