Èsodo 19,2-6°; Salmo 99 (100); Romani 5,6-11; Matteo 9,36-10,8
Il futuro siamo noi

Gesù Cristo è il primo risorto dai morti: ‘Il Vivente’. Il Vangelo non è un libro, è una persona: vera, reale, autentica, ’storica’. La fede in Gesù non è fede nel passato, ma nello storicamente presente.
I cristiani, facendo memoria di Gesù, persona divina – umana, non del passato, sono il futuro che si attua attimo per attimo. Le Sacre Scritture lo attestano: «Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto» e sapete che Dio vi solleva «come su ali di aquile».
Il cristiano fedele è pieno di serenità e si «gloria in Dio» perché «per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo ha ricevuto la riconciliazione», è giunto «fino a Dio» e fa parte di «un regno di sacerdoti e di una nazione santa».Questo accade perché «nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. mentre eravamo ancora peccatori» e «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che Cristo è morto per noi» ed è il Cristo dell’Apocalisse, in piedi davanti al trono di Dio, che, con i segni della passione, vive immortale.
Siamo il futuro: questa tensione manca, in genere, alla esistenza dei credenti e per questa assenza le pecore si sentono «stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore». Divino è Cristo sofferente e risorto, divino è l’uomo affamato, depredato, ucciso, abbandonato, come agnello condotto al macello che ha il dono di salire sulla Croce di Cristo.
Gesù «vedendo le folle, ne sente compassione» perché non riescono a vedere un futuro. Non serve un futuro migliore, ma diverso. Se fosse soltanto migliore, rimarrebbe quel che è: occorre, invece, una visione diversa della storia.
Nella prima missione che ricevono da Gesù, i discepoli non sono pronti ad affrontare il mondo e Gesù dice loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani» e chiede «rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele».
La seconda e definitiva missione del credente in Cristo, dopo avere accolto il Santo Spirito, è costituita dall’avere occhi puntati sul futuro che il credente stesso sta costruendo ed attuando, legato intimamente, per la Parola ed il Pane, agli altri. Il credente è, nello Spirito, attore e protagonista della storia del Creato, avendo come Regista la volontà del Padre che sta divenendo reale «come in cielo così in terra».
Voci improprie si assommano: è difficile, è arduo, è strada in salita. Linguaggi inadatti al Vangelo: non il fato, il destino, la fortuna; il futuro cristiano non è atto ipotetico e lontano; non accade all’insaputa e per caso ed il credente non è spettatore.
Gesù «si diresse decisamente verso Gerusalemme», verso la Passione e la Resurrezione. Pietro avrebbe impedito a Gesù di andare a Gerusalemme ed avrebbe programmato un impossibile dialogo con il male; avrebbe portato Gesù lontano dal processo e dalla condanna. Per utilità varie si accolgono compromessi con il male.
Gesù è impossibilitato a costruire compromessi con il male. Diverso è cercare di trovare, nelle vittime del male, il poco di bene presente; accogliere il malvagio per farlo giungere al dialogo di fede e di conversione, senza condividere il male.
Questo linguaggio ed ideale è essenzialmente diverso dall’umano, non migliore.
I Pastori sono pochi: è vero. E sono Pastori ‘brevi’: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!»
«Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!». C’è da pregare per i pastori; c’è da pregare per la messe. La messe, assoggettata ormai al dio denaro e dio possesso, continua a cercare compromessi per vivacchiare la fede, mantenere pratiche di tipo religioso, escludere la conversione alla Parola annunciata come Buona – Bella Notizia: «Strada facendo, predicate».
Quando ogni realtà si vende e si compra, «Gesù invia i Dodici, ed ordina loro: guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni e dite ‘Il regno dei cieli è vicino’». Ogni credente è impegnato a ricevere e donare il deciso annuncio: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

(didon)