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Venerdi Santo 1971

IL VENERDÌ SANTO DEL 1971

Il 6 febbraio 1971 il terremoto distrusse il centro storico di Tuscania e la chiesa di San Giovanni, dove era custodita l’Immagine, venne gravemente danneggiata; la nostra venerata Immagine rimase intatta e come i suoi figli, fuggenti in cerca di un rifugio, anche l’Addolorata conobbe la tristezza dell’esilio, ospite da una casa all’altra.
I Tuscanesi, benché affranti dal dolore, piangenti i propri morti, costretti a vivere nelle tende o a lasciare il paese natio, non hanno dimenticato la loro Madre e Regina. E, come primo atto di una rinascita spirituale e morale, hanno fermamente voluto che nel più triste e doloroso Venerdì Santo della loro vita, l’Addolorata tornasse sul trono e fosse portata, come sempre, sulle spalle dei suoi Araldi, in mezzo al suo popolo per lenire il dolore di tutti e sublimarlo davanti a Dio.
Non dimenticheremo mai quella sera!
L’Addolorata Madre dolorosa, sostenuta dai suoi Araldi, uscì da un magazzino incontro ai suoi figli.
Alla tendopoli, ove la sofferenza era maggiore, Ella fu accolta trionfalmente, mentre le tenebre della notte erano spezzate da centinaia di torce, portate da giovani accorrenti verso di Lei; e la campagna circostante, illuminata da centinaia di bengala, si trasformava in uno scenario irreale di suggestiva bellezza.
Non posso dire o scrivere nulla sul percorso di quel Venerdì Santo del 1971, perché io, come tutti i Tuscanesi, vedevo l’Immagine di Maria attraverso un velo di lacrime trattenute.
Forse molti dimenticheranno Tuscania e le sue sventure, ma i Tuscanesi sanno che la loro Addolorata sarà con loro, per sempre.

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La processione

La processione

La storia

L’immagine  è portata in solenne processione la sera  del Venerdì Santo e in quel giorno l’Addolorata è seduta sotto la croce con ai piedi il Cristo morto.
La processione si snoda tra fitte ali di gente raccolta ed orante sommessamente, mentre le finestre ed i balconi delle case, gremiti di persone, sono devotamente illuminati.
La processione si apre con penitenti incappucciati e vestiti con lunghe tuniche bianche, trasportanti simboli della Passione, grandiose croci luminose o trainanti pesanti catene legate alle caviglie.
Poi seguono le donne, vestite di nero, con il volto coperto da un velo, recanti candele, quindi la banda musicale ed infine il clero.
Sostenuta dai sui Araldi, sul trono scintillante di luci, l’Addolorata è seguita da una fiumana di popolo…
Vi sono molte processioni in Italia rievocanti la Passione di Cristo, in cui gente in costume dell’epoca, raffiguranti Cristo, Pilato, le Pie Donne ed altri personaggi delle antiche iconografie tolgono a questa espressione di ingenua religiosità il misticismo ed il raccoglimento
doveroso e necessario. Tuscania con la sua Addolorata, che rammenta la stupenda, marmorea Pietà di Michelangelo, rievoca la Passione del Cristo con la Corredentrice in maniera mistica, religiosa.  In settembre, l’Addolorata viene esposta solennemente dal primo all’ultimo del mese, presso la chiesa diSan Giovanni, ove la gente accorre numerosissima, tutti i giorni, a visitarla fino a tarda notte.
Nei tre giorni precedenti la sua festa (15 settembre) si tiene un triduo predicato e, la domenica successiva, si svolge la processione dell’Addolorata che, fino al 1945, si svolgeva verso le ore 17; dal 1946 la processione ha inizio al calar della notte.
In questa seconda uscita dell’anno, l’immagine non è più seduta, ma eretta sotto la croce e non ha ai suoi piedi il Cristo morto, ma è circondata di fiori.
Non è raro che durante il percorso si chieda di far sostare l’Immagine davanti alla casa di qualche infermo, perché questi possa vedere l’Addolorata e chiedere alla Vergine aiuto e protezione.
Per tradizione l’Addolorata, una volta uscita in processione dalla chiesa di San Giovanni, deve terminare il suo percorso e rientrare nella sua chiesa: questa tradizione ha spesso fatto assistere a scene commoventi da parte degli Araldi.
Una volta, mentre la processione dell’Addolorata era giunta a metà percorso, scoppi un tremendo temporale: l’acqua veniva già a scroscio, i tuoni rattristavano ancor più quella serata del Venerdì Santo ed i lampi (la luce se n’era andata) lasciavano intravedere, a sprazzi, l’Immagine grondante d’acqua, con il velo svolazzante alle raffiche di vento.
Il clero ed i fedeli cercarono riparo; la porta del Duomo venne spalancata per ospitare l’Addolorata, ma gli Araldi, bagnati fino alle ossa, senza effettuare soste, preceduti dal solo parroco Mons. Domenico Brizi, di santa memoria, continuarono la loro marcia e, quando giunsero davanti alla chiesa  di San Giovanni, alcuni cedettero per lo sforzo, ma l’Addolorata poteva così rientrare nella sua chiesa.
Di quegli Araldi alcuni caddero malati di polmonite, altri riportarono strappi muscolari, ma tutti si ritrovarono l’anno successivo al trasporto dell’Immagine.

* * *

La fede, l’amore, la venerazione dei Tuscanesi verso l’Addolorata fu riconosciuta ufficialmente nel 1923, quando il 16 settembre il rev.mo Capitolo Vaticano, per mano di Sua Eminenza il Cardinale Francesco Ehrle, incoronò l’Immagine e dichiarò l’Addolorata Regina di Tuscania.
La corona d’oro massiccio, tempestata di pietre preziose, era stata donata dal signor Luigi Brannetti, che per molti anni fu il direttore degli Araldi.
Incoronata Regina di Tuscania, a Lei il popolo si rivolse con questa preghiera, composta per l’occasione, da Mons. Copponi, Vicario di Tuscania.
<<Vergine Santissima, che ai piedi della croce, nell’amarezza di incomparabile dolore, ci acquistaste per figli, volgete su di noi il Vostro sguardo pietoso. Ispirateci viva fede, carità perfetta, pazienza invitta nelle tribolazioni di questa misera vita. Da questa cara Immagine, che è pegno e retaggio della fede e dell’amore dei nostri avi, si effonda continua su di noi la Vostra materna bontà. Degnatevi, o Madre nostra Addolorata, perfezionare le nostre anime, custodire i nostri corpi, benedire le nostre imprese, santificare i nostri dolori.
Fate che questo popolo, di cui ora siete l’incoronata Regina, giammai si allontani da Voi, ma fedele e devoto in ogni tempo ai Vostri piedi si prostri per godere ognora gli effetti della Vostra valevole protezione. Otteneteci, o Vergine Addolorata, che non deviando mai dalla retta via, con la guida di Vostre sante virtù, possiamo un giorno raggiungere il cielo e, incoronati di gloria immortale, godere Iddio con Voi per tutta l’eternità>>.

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Innovazioni

Innovazioni

La storia

LA NUOVA “MACCHINA” DEL 1945

Nel 1945 il popolo di Tuscania, riconoscente per lo scampato pericolo della guerra, volle donare alla Vergine Addolorata un nuovo, maestoso trono.
L’incarico per il progetto fu affidato all’architetto Mirri ed il lavoro fu realizzato nello stabilimento della ditta Moretti e magistralmente eseguito dall’intagliatore Mario Ranelli, coadiuvato dall’ebanista Francesco Mattei e da Astilio Scriboni per l’impianto elettrico.
Nello stesso anno, parroco don Dario Nardi, il popolo volle rivestire, con pregevoli marmi, la cappella dell’Addolorata.
Da allora la Vergine, sul suo nuovo trono ricoperto d’oro zecchino, pegno d’amore dei suoi figli, ha ripercorso le vie di Tuscania, rimasta incolume dalle tristezze e dalle atrocità della guerra.
La direzione degli Araldi, dopo la morte di Luigi Brannetti, fu assunta da Marcelliano Falleroni che, benché malato, volle fino all’estremo delle sue forze, seguire l’Addolorata nelle sue uscite annue. Morto Marcelliano Falleroni, l’incarico di dirigere gli Araldi fu preso da chi scrive queste memorie.

IL VESTITO DELL’ADDOLORATA DEL 1958
Realizzata la nuova “macchina”, era necessario rinnovare il vestito che la Vergine SS. Addolorata indossava dal lontano 1858. Dopo 100 anni dal giorno in cui le clarisse del convento di clausura di S. Paolo avevano ricamato pregevole e preziosa stoffa nera, con ammirati ricami eseguiti con filo d’oro purissimo formanti fiori e steli, nel 1958, sempre da parte delle clarisse, si intraprese la lavorazione del nuovo, stupendo vestito.
Molte famiglie tuscanesi, in anni diversi, offrirono il velo nero, che ricopre il capo della Vergine e scende fino ai suoi piedi. Anche il campione di motociclismo Evaristo Scatolini fu tra i donatori di detto velo

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Pellegrinaggio a Roma Anno Santo 1950

IL PELLEGRINAGGIO A ROMA NELL’ANNO SANTO 1950

 A Tuscania si stava organizzando il pellegrinaggio a Roma per lucrare il Giubileo e gli Araldi decisero di portarci la loro Madonna.
Dapprima ci fu l’idea di effettuare il trasporto dell’Addolorata, da Tuscania a Roma, a piedi, ma per consiglio dei sacerdoti, giustamente preoccupati delle fatiche a cui gli Araldi sarebbero stati sottoposti e del cattivo tempo che si sarebbe potuto incontrare, fu stabilito di portare a Roma l’Immagine e la “macchina” con un automezzo; il percorso da Ponte Milvio a San Pietro, però, l’Addolorata l’avrebbe fatto sulle spalle degli Araldi.
Fu così che, all’alba del 4 ottobre 1950, posta l’Immagine su di un camion coperto, seguito da venti autobus che trasportavano oltre ottocento persone, si partì alla volta di Roma. Giunti a Roma, il camion con l’Immagine, sostò in una traversa della Cassia, in via Ronciglione, alla sommità della discesa che conduce a Ponte Milvio, dove si trova la chiesa della Gran Madre di Dio.
Qui, sistemata la “macchina” per il trionfale trasporto, l’Addolorata di Tuscania, preceduta dai Vigili Urbani motociclisti di Roma, tra gli applausi dei presenti, lo sbigottimento ammirato di quanti per la prima volta la vedevano, inizi la marcia verso San Pietro.
Sostenevano il trono sedici dei quarantotto Araldi, che per l’occasione indossavano la nuova divisa: pantaloni scuri e camicia bianca sulla quale spiccava un cuore trafitto.
Le campane della vicina chiesa della Gran Madre di Dio, intanto, suonavano a distesa.
Trionfale fu il cammino della Vergine: la gente sostava ai lati della strada ed ammirava applaudendo quella genuina espressione di fede e d’amore.
Gli Araldi si sottoposero a sforzi non comuni nell’abbassare continuamente e nel risollevare la “macchina”, onde evitare i molti fili elettrici che attraversavano le vie, ma la loro lunga marcia fu ugualmente spedita.
Quando l’Addolorata fu visibile da piazza della Pigna, dove si erano radunati, ad attenderla, altre centinaia di Tuscanesi residenti a Roma, s’alzò vibrante una commossa ovazione: ” VIVA MARIA..!” Poi si formò un interminabile corteo di Tuscanesi, che precedeva la Vergine, verso San Pietro: mentre i primi, che aprivano il corteo, entravano nella basilica, l’Addolorata, sulle spalle degli Araldi, era ancora sotto le mura di Castel Sant’Angelo.
Erano presenti: il Vicario di Tuscania, Mons. Copponi, il parroco Don Dario Nardi, Mons. Leopardo Venturini, Don Lidano Pasquali insieme ad altri sacerdoti e il sig. Francesco Sartori, facente funzione di Sindaco, con il glorioso gonfalone del comune di Tuscania.
Percorsa via della Conciliazione, attraversata piazza San Pietro, dove l’immagine fu oggetto di imprevedibili atti di omaggio da parte di Romani e di numerosi pellegrini stranieri, l’Addolorata di Tuscania entrava nel massimo tempio della cristianità.
Fu collocata nella cappella di destra, ai piedi della Pietà di Michelangelo; qui, mentre due gendarmi del Vaticano le facevano la guardia d’onore, restò per la venerazione dei fedeli fino a dopo l’udienza pontificia, che si svolse nel pomeriggio. E quando il Santo Padre Pio XII scese nella basilica per incontrare i numerosi pellegrini che vi si erano radunati, si soffermò a rendere omaggio all’Addolorata di Tuscania restandone ammirato.
Terminata l’udienza, mentre la piazza si gremiva di migliaia di persone e veniva illuminata per il sopraggiungere della sera, gli Araldi uscirono da San Pietro con l’Immagine, che fu accolta da un grande applauso.
Fermi sulla piazza, rivolti verso la finestra dell’appartamento papale, gli Araldi invocarono a gran voce il Papa; e quando la finestra si illuminò e la ieratica figura di Pio XII apparve ai fedeli, essi alzarono verso il cielo la pesante immagine, mentre il Papa, benedicendo, salutava.
Si riprese il cammino e, giunti presso la chiesa della Traspontina, in via della Conciliazione, l’Immagine venne tolta dal suo trono e nuovamente posta sul camion coperto per il ritorno a Tuscania.
Si giunse a notte inoltrata presso Santa Maria Maggiore, ad oltre un chilometro fuori Tuscania; gli Araldi ripresero a spalla il trono dell’Addolorata, che, illuminato da centinaia di luci, acquistò nella notte maggiore splendore.
Gli Araldi, giovani e anziani, sembravano insensibili alla fatica sopportata nell’intera giornata; la loro marcia era celere come se volessero anticipare l’incontro di Maria con gli oltre duemila Tuscanesi, che con ansia attendevano presso viale Trieste. Quando l’Immagine fu visibile alla moltitudine, si rinnovarono scene toccanti e commoventi. Tutte la campane delle chiese di Tuscania salutarono il ritorno della Vergine, suonando a distesa; e continuarono a suonare fin quando, seguita da tutto il popolo, la Madonna rientrò nella chiesa di San Giovanni.
Fu giornata indimenticabile quella, giornata colma di fede: tutti i Tuscanesi, nessuno escluso, si ritrovarono ai piedi della loro Regina che, unica Immagine, aveva attraversato Roma ed era stata venerata da un Pontefice, ai piedi della Pietà di Michelangelo.
I Tuscanesi residenti a Roma vollero contraccambiare la visita alla loro e nostra Addolorata e, per ricordare il memorabile incontro, donarono alla Vergine un cuore d’oro trafitto con sette spade, dentro il quale sono scritti su pergamena i nomi dei suoi figli oramai romani.
L’umile Immagine, giunta dalla Germania spoglia di doni, oggi possiede la corona d’oro offerta da Luigi Brannetti, il cuore d’oro, dono dei Tuscanesi residenti a Roma, una collana di perle purissime, varie catenine d’oro, un anello con brillanti… tutti doni di gente che ha ricevuto grazie dalla Madonna; inoltre
la croce pettorale del Vescovo di Osimo e Cingoli, Mons. Brizi, i ricchi veli e i preziosi vestiti, coi quali viene portata in processione, e centinaia di ex-voto.

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La devozione

La storia

Non possiamo dire con esattezza – perché non abbiamo documenti o scritti – quando, per la prima volta, la Vergine Addolorata fu portata in processione per le vie di Tuscania; nella prima macchina però, costruita dai fedeli per il trasporto dell’Immagine, è stata rilevata una data: 1845; questo lascia supporre che i Tuscanesi vollero, nell’anno stesso della donazione dei Nodoler, onorare pubblicamente e trionfalmente l’Addolorata.
Da allora la venerazione alla Vergine Addolorata si radicò profondamente nel popolo. Nelle case dei nobili, come in quelle dei poveri, la Sua Immagine troneggiava sovrana dalle pareti. Nel territorio tuscanese, ovunque fosse presente un nucleo familiare, ovunque era vita nelle capanne dei butteri, in quelle dei mandriani, dei pastori, nei cascinali e nei casali sparsi per la campagna, c’era l’Immagine che i Tuscanesi chiamarono, e chiamano, la loro Madonna. In ogni parte d’Italia e del mondo, ove sono famiglie Tuscanesi, con essi è la nostra Madonna, così pure in ogni campo di battaglia, ove la nostra gioventù venne chiamata a servire la Patria, la Vergine SS. Addolorata, con la sua Immagine, fu madre consolatrice e dolce compagna nell’ultimo anelito, per quanti di essi, dettero in olocausto la propria giovinezza.
Non è azzardato dire che la venerazione per l’Addolorata, così profondamente sentita, non può essere paragonata con quella di altre Immagini e supera di gran lunga quella verso i Santi Patroni della città. Città mariane si contano numerosissime in Italia per i celebri santuari dedicati alla Vergine, ma io credo che Tuscania possa, a buon diritto, essere definita la “Città mariana dell’Addolorata”. La prima “macchina” o “trono”, con la quale fu trasportata l’Immagine, come abbiamo già detto, risale al 1845. Essa era portata a spalla da 16 giovani, scelti tra i soci della confraternita della Misericordia, vestiti con lunghi camici bianchi stretti ai fianchi da un nero cordone. Il peso che ognuno portava, per oltre un chilometro, si aggirava dai 50 ai 70 chilogrammi. Portare la “macchina”, oltre che essere considerato un grande onore, per molte famiglie locali si trasformò in una vera e propria tradizione da custodire gelosamente e tramandare di padre in figlio, tanto che gli “Araldi” di oggi sono, in buona parte, i pronipoti di quelli di ieri.

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Introduzione

La storia

INTRODUZIONE DI PERICLE SCRIBONI

Tante volte mi sono domandato perché mai Tuscania abbia un così grande numero di chiese, la maggior parte delle quali e le più belle, sono dedicate alla Vergine. Certamente motivi di prestigio avranno avuto la loro importanza in un periodo in cui Tuscania era grande e potente città, diocesi insigne e antica della Tuscia longobarda; ma pure tante e tali chiese non possono essere soltanto il simbolo di una grandezza terrena, che si esprimeva con superbe costruzioni dedicate alla Vergine per seguire una devozione, ravvivata in Italia dopo le crociate, bensì l’espressione lucida e vera d’una fede semplice e sentita. Una fede che ha sollecitato i Tuscanesi a chiamare con nomi, contitoli diversi la Madre di Dio per sottolineare ogni momento della loro storia in cui palese ed evidente era l’intervento, vorrei dire la presenza di Maria. Ecco allora sorgere, oltre a Santa Maria Maggiore, prima cattedrale della Diocesi, oggi monumento nazionale, la chiesa di Santa Maria delle

Rose, del XV secolo; la chiesa di Santa Maria del Riposo, sul cui altare maggiore troneggia un trittico con dipinti di Pierin del Vaga e al centro del quale c’è la stupenda Madonna del Pastura;la chiesa di Santa Maria del Cerro, ove San Paolo della Croce fondò uno dei suoi ritiri per i Passionisti, la chiesa della Madonna dell’Olivo, e ancora le piccole, modeste chiese della Madonna della Pace, della Neve, dell’Edera, presso le quali, ogni anno, il popolo si raduna per continuare una tradizione rimasta sempre viva nell’animo dei Tuscanesi.
Anche sulle porte della città medievale, sulla porta di Montàscide, di San Pellegrino, di Poggio, vivono i segni della venerazione alla Vergine: mani di ignoti artisti hanno dipinto semplici, modeste, ma vive figure di Madonne. Ogni chiesa quindi, ogni immagine direi, ha una sua storia, che si innesta nella storia della nostra città, del nostro popolo; e che tutti, chi più chi meno, conoscono. Soltanto la Vergine Addolorata non ha una sua storia ben precisa, conosciuta da tutti, per questo vogliamo raccontarla: questo è lo scopo del presente libretto.
Pericle Scriboni

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